Perfezionismo. Un male da combattere?
asilo, benefit, bivio, bree, cura, donna, famiglia, fattore D, femminile, figlio, lavoro, marito, maternità, P&C, politica, progetto, servizio
La donna lavora tutto il giorno, arriva a casa la sera stanca morta e invece di farsi una doccia, non trova niente di meglio da fare che dare una sistematina al guardaroba. Dopodiché, oltre che stanca, è anche furibonda. Pronta per inveire contro il marito, non appena si materializza sulla porta di casa.
Queste e altre considerazioni sono state oggetto di una chiacchierata fatta con una donna che concilia la posizione manageriale con la famiglia e tre figli. La domanda che sorge spontanea è: “Come si riesce a fare tutto?”. Una ricetta nessuna di noi si sente di proporla, ma qualche considerazione generale si può fare. Partendo proprio dal ‘guardaroba’ e dall’approccio quasi ossessivo che noi donne, lavoratrici, mamme italiane abbiamo per accudire il nostro nido. Perché è da qui che originano parte delle difficoltà che le donne hanno nel conciliare il lavoro con la sfera domestica. Allora cerco di farmi anch’io delle domande. E poiché dal confronto nascono le idee, cerco di capire come organizzano le attività domestiche le mie coetanee che lavorano e hanno figli. Una di queste, mamma di quattro figli, lavoratrice part-time, candidamente mi confessa davanti a scuola che le pulizie ordinarie (lavare, stirare, pavimenti eccetera) le fa lei e il sabato mattina chiama un aiuto per le pulizie ‘di fino’, tipo i cassoni delle tapparelle. Inorridisco. Da quel momento ho il terrore di riaprire la porta di casa, con l’incubo che qualche mostro non bene identificato scenda dall’alto delle mie finestre…Da una ricerca pubblicata tempo fa su Il Sole 24 Ore emerge che le italiane dedicano più tempo di tutte le donne dell’Unione Europea alla cura della casa. Ho fatto anch’io una piccola indagine casalinga e, chiacchierando con la responsabile di un punto vendita, ho avuto conferma del fatto che la cifra dedicata ai prodotti per la pulizia della casa è del tutto sproporzionata rispetto all’acquisto degli alimentari. Insomma, ammorbidenti, detergenti e panni di natura diversa e varia vanno forte. Come mai? Abbiamo mai analizzato con serio spirito critico il fenomeno? Abbiamo cercato di capire come mai da noi più che altrove le donne si trovano al fatidico bivio, costrette a scegliere tra lavoro e carriera? Forse che l’ossessione per la casa luccicante gioca un suo ruolo? Certo, la differenza vera la fanno la disponibilità dei servizi a supporto della mamma che lavora: vedi asili, o tate che da noi costano più del commercialista. E verso questi temi ci vorrebbe più attenzione da parte del mondo politico. L’errore, come potrete leggere dall’intervista a Isabella Covili che trovate a pag. 96, non sta nel non avere una politica a sostegno del lavoro femminile, ma nel non avere una politica a sostegno della famiglia. Con il risultato che la donna, con il suo bambino e la casa da accudire, si trova circondata da una grande solitudine. E solo chi è davvero motivato, e può permetterselo, ce la fa. Sì, perché lavorare significa lasciare a casa qualcun altro, e se non ci sono nonni a una ragionevole distanza, tutto questo ha un costo. Che in molti casi le donne ritengono non valga la pena sostenere. Perché mica tutte trovano lavoro nelle multinazionali con asilo, con la possibilità di farsi recapitare la spesa in ufficio o altri benefit da fantascienza. Allora l’assenza di una politica a supporto, unita a una certa propensione a ‘strafare’, fanno il resto. Ma, sempre come ci racconta Isabella Covili, se si vuole lavorare, bisogna cercare di portare avanti il proprio progetto a ogni costo. E allora torniamo all’atteggiamento che molte di noi hanno, quasi ossessivo, nei confronti delle faccende domestiche. Io mi domando: siamo sicure che valga la pena rinunciare a mettersi in gioco per avere nell’armadio i pullover ripiegati per colore? Forse, il problema delle generazioni delle giovani donne è che manca loro l’esempio. Mia madre ha scalato i vertici di una multinazionale farmaceutica e avrebbe guardato con aria smarrita e compassionevole chiunque le avesse parlato del ‘cambio degli armadi’. Io stessa la mattina rischio di abbinare i pantaloni di lino con i golf di lana. Ma amo il mio lavoro e credo di trasmettere questa gioia anche ai miei figli. Che sopravvivono benissimo con un po’ di disordine. Anche perché si comincia a parlare di ‘Fattore D’ e cioè di vantaggi economici legati all’occupazione femminile: per 100 donne che entrano nel mondo del lavoro si creano 15 posti aggiuntivi nel settore dei servizi. Come dire… il cassone della tapparella può attendere.