Donna manager. Se anche mamma, meglio
Come si diventa bravi manager? Il tema ha ispirato una letteratura fiorentissima. Ma in queste poche righe vorrei lasciar da parte quanto scritto da altri e partire dall’esperienza di chi, come me, oltre a svolgere un ruolo manageriale, è anche mamma. Sì perché, oggi, fare la mamma presuppone qualità e doti del tutto simili a chi ricopre ruoli di responsabilità all’interno di un’organizzazione. Veniamo ai fatti. Lo sapete che per organizzare le attività scolastiche ed extrascolastiche di un ragazzino bisogna possedere abilità di pianificazione che rasentano la perfezione? Certo, perché per far sì che il corso di basket non si sovrapponga con il catechismo che a sua volta non deve interferire né con il dentista (vi sfido a trovare un ragazzino tra gli otto e i quattordici anni senza apparecchio) né con il corso d’inglese, bisogna pianificare a tavolino. E se i figli sono più di uno, credetemi, la buona volontà non basta. In questo scenario convulso, però, un vantaggio c’è. Sì, perché chi è abituato a gestire tutte queste attività, soggette naturalmente a un’elevatissima percentuale di imprevisti (dentista che rimanda l’appuntamento, partita di basket spostata in un’altra palestra, baby sitter con il mal di pancia, tanto per citarne alcuni) ha sviluppato un naturale talento per l’organizzazione e la pianificazione. Già, perché nel quotidiano della mamma manager nulla può andare storto. Il puzzle si deve incastrare perfettamente. E gestire e risolvere con successo un evento imprevisto fa parte della normalità. Ecco perché la manager mamma è organizzata. Perché sa come si fa. Ma lasciamo l’organizzazione e passiamo alla capacità di individuare le priorità, talento che contraddistingue ogni buon manager. Una mamma alle prese con le avversità del quotidiano ha imparato a dare il giusto valore alle cose. Tanto per capirci, se il figlio ha l’influenza basterà un po’ di antipiretico, se ha la polmonite qualche notte in ospedale è da mettere in preventivo. Allo stesso modo in ufficio, la propensione a riconoscere le priorità e dare la precedenza alle urgenze diventa più naturale. E i problemi vengono collocati nella giusta dimensione con più naturalità. Ecco che, quello che a una prima analisi può sembrare urgentissimo in realtà magari non lo è, mentre viene individuato come prioritario qualcos’altro. Ed è questo che fa di un manager un bravo manager. Prendere coscienza dei valori che la ‘mamma manager’ porta con sé diventa essenziale in una società che troppo spesso spinge le donne a fare scelte penalizzanti per il proprio sviluppo professionale. Quante donne al bivio tra i figli e la carriera abbandonano la seconda? Ci siamo interrogate abbastanza sulle motivazioni? Non sarà che la propensione femminile alla perfezione, la poca disponibilità alla delega (siamo nel terzo millennio, ma la sindrome da mamma mediterranea onnipresente è diffusa più del virus dell’influenza) e un’atavica insicurezza portano le donne a non considerarsi all’altezza, a sottovalutarsi, e di conseguenza a non raccogliere la sfida? Abbiamo impressa nel nostro immaginario la manager superimpegnata, costretta per fare carriera a orari impossibili e a un’agenda in cui TUTTO è prioritario, in cui le scadenze sono TUTTE improrogabili, in cui la frenesia è sinonimo di produttività estrema. Ma siamo sicure che quello sia l’unico modello possibile di donna in carriera? Io credo di no. Comincio anzi a pensare che la frenesia, l’ansia, la fretta siano nemiche del fare bene. E che anzi mettano in pericolo la produttività. Perché saper individuare le priorità, organizzare un’agenda sensata, gestire gli eventi in modo più riflessivo credo siano tutti sinonimi di competenza. Torniamo allora alla mamma che ha raccolto la sfida e ogni giorno cerca di conciliare le esigenze dei figli, del marito (se c’è, perché se non c’è è anche peggio, vuol dire che c’è stato… Con tutte le implicazioni di gestione dei fine settimana, vacanze eccetera) con le esigenze che derivano da un suo desiderio di compiere un percorso professionale. La mamma manager costretta a una gestione ‘complessa’ del suo quotidiano sarà naturalmente in grado di trasferire queste sua abilità nel contesto professionale. Sarà più brava nell’individuare le vere priorità e, per necessità, bravissima a non buttare via il tempo. E quindi più produttiva