I giovani, le donne e il lavoro che non c’è
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Il lavoro è al centro del dibattito: il lavoro che non c’è, per i giovani, e il lavoro che vorrebbero, le donne, che più degli uomini faticano a conciliare le diverse dimensioni di una stessa vita. Domani cerchiamo di analizzare il fenomeno attraverso le narrazioni di tre autori che hanno analizzato il problema da punti di vista differenti. Perché differenti sono le responsabilità e, come sempre, ragionare insieme può aiutare a costruire un diverso punto di vista. Al di là degli stereotipi e dei luoghi comuni.
A questo link i dettagli dell’evento: http://www.este.it/res/convegno_edizione/eid/100/zid/148/p/
eugeniobastianon
Ieri sono stato a Milano al convegno su donne, giovani e lavoro.
Ho comprato il libro di Chiara Lupi. Mi riprometto di leggerlo e commentarlo su questo blog.
Intanto, però, devo confessare che ieri sera, nel tempo del viaggio da Milano a Venezia in treno, mi sono convinto che, alla fine, sotto la superficie della questione lavoro ( che sia una questione di superficie non vuol dire che sia questione superficiale) si muove come un magma sempre fluido e dinamico una questione culturale ancora sostanzialmente irrisolta.
Cercherò di esplicitarla facendo ricorso alla memoria. Negli anni ’70-’80 del ‘900 il movimento femminile aveva condensato la complessità (radicalmente innovativa, fino ad essere “scandalosa” e, per questo, sofferente) della figura femminile nella metafora della “strega”.
La questione, sinteticamente, è: questa metafora è stata sufficientemente esplorata, compresa, elaborata nei modi di relazionarsi con le donne da parte degli universi di senso maschili, comprese le dinamiche organizzative? A sentire le storie di molte donne – che trovo, ad esempio – nelle narrazioni di alcune mie studentesse – direi di no.
Ancora non si è visto il patrimonio di valori e di cambiamento che la strega offre e si continua a ” bruciarla”, nei modi dell’emarginazione nel lavoro e della violenza nelle famiglie…
Qualcuno ha visto il film, ormai datato ma a mio avviso splendido da questo punto di vista, ” Padrona del suo destino”?
Eugenio Bastianon
eugeniobastianon
Provo a lanciare alcuni temi di discussione legati al film.
Il film narra le vicende di Veronica Franco, una delle donne più affascinanti della storia veneziana.
Il film – siamo nel XVI secolo – ha come tessuto narrativo la storia d’amore tra Veronica Franco ed un rampollo di una delle famiglie “eccellenti” della Venezia dell’epoca: Marco Venier.
Il primo elemento che mi sembra interessante porre in discussione è questo.
Veronica Franco non vorrebbe diventare cortigiana, anche se questo è l’unico modo per continuare ad amare Marco Venier, dopo che lo stesso Marco si è sposato obbedendo alle regole del “patrimonio” e della “politica”. A convincerla è la madre che le mostra che, in realtà, essere cortigiana, a Venezia, è l’unico modo per porsi la centro della vita culturale della Repubblica. Solo le cortigiane, ad esempio, hanno libero accesso alle biblioteche. Tanto è angusto e chiuso l’orizzonte della “donna moglie” tanto è aperto e libero l’orizzonte della “donna cortigiana”. E’ proprio questa libertà anche culturale e di pensiero che spinge Veronica Franco a diventare cortigiana, rispondendo alle sue tensioni intellettuali più profonde.
La domanda è questa: perché Venezia concede cortigiane ciò che non concede alle mogli?