Un nuovo ritmo, un nuovo blog
conciliazione, famiglia, Impresa 4.0, lavoro femminile, quarta rivoluzione industriale, responsabilità, Simone de Beauvoir, violenza sulle donne
Le donne, al lavoro, fanno ancora molta fatica. Se diventano mamme, spesso restano a casa. Le motivazioni ruotano intorno alla carenza di servizi o al loro costo, insostenibile. Le ragioni sono anche da ricercare all’interno delle relazioni famigliari: solo da una diversa gestione dei ruoli nel privato si potrà guardare al ruolo delle donne nell’economia e nella società con occhi nuovi. Le donne hanno fatto molti passi avanti. Ora gli uomini, che hanno sempre camminato davanti, devono imparare a incamminarsi al loro fianco. Un esercizio urgente perché la diversità, di generi e culture, rappresenta un valore di cui le organizzazioni si devono nutrire. Le organizzazioni si alimentano di innovazione e l’innovazione ha bisogno di discontinuità di pensiero per generarsi. Una fotografia attendibile la scatta il World Economic Forum: il Global Gender Gap Report registra un restringimento del gender gap nel mondo, l’Italia si posiziona al 50° posto tra 144 paesi analizzati. Il numero delle donne occupate sta crescendo, il nostro mercato del lavoro dimostra un certo dinamismo, le donne occupate arrivano al 48,9% ma resta alto il divario retributivo, il cosiddetto ‘pay gap’: le donne guadagnano il 11,2% in meno degli uomini nelle stesse posizioni. Simone de Beauvoir affermava di non nutrire l’illusione di trasformare la condizione femminile, che dipende dall’avvenire del mondo del lavoro e, sosteneva, non cambierà seriamente se non a prezzo di uno sconvolgimento della produzione. Direi che ci siamo. L’industria sintetizza nel ‘4.0’ una rivoluzione che certamente parte dall’innovazione tecnologica ma che porta con sé un cambio culturale enorme. La tecnologia ha un impatto che travalica l’ambito produttivo e ha già cambiato il nostro modo di vivere e relazionarci. Si è modificata radicalmente la modalità con la quale gestiamo le relazioni private e le relazioni che afferiscono alla sfera del lavoro si prestano ad essere impostate con modalità nuove. Se la presenza era fino a qualche anno fa un indicatore per il calcolo della retribuzione, oggi si lavora sempre di più per obiettivi. Ed è possibile affidare un compito a professionisti che svolgono il proprio lavoro in altri continenti. I team di lavoro si compongono secondo le esigenze, conta sempre di più quel che si sa e in che modo si è capaci di valorizzare le proprie conoscenze all’interno dei team. I confini delle fabbriche si sfumano, ideazione, progettazione, produzione e messa sul mercato di un prodotto o di un servizio richiedono che tutte le informazioni siano condivise, messe a valore per riuscire a produrre nuovi servizi, nuove opportunità. Cambia dunque il modo di lavorare delle persone, spariscono in molti contesti gli uffici chiusi per far posto alle scrivanie condivise, anche la separazione tra il tempo dedicato al lavoro e tempo dedicato a sé assume significati nuovi. Uno scenario dal quale non si può prescindere se vogliamo parlare di lavoro femminile. Come stanno le donne in questo nuovo contesto che si è già delineato nella sua complessità? Sarebbe ragionevole pensare che se il lavoro può, in alcuni casi, svincolarsi dal luogo fisico nel quale si eroga la prestazione le donne, se sono anche mamme, potrebbero essere enormemente avvantaggiate dall’utilizzo della tecnologia. Tutto questo presuppone un cambiamento culturale che coinvolge la modalità con la quale si concepisce l’organizzazione del lavoro ma coinvolge anche gli uomini, nei loro ruoli di capi azienda, manager e poi, anche, di compagni di vita. La vita delle donne è cambiata negli ultimi 50 anni come mai prima: l’accesso all’istruzione prima e al mondo del lavoro poi ha fatto tramontare per sempre il confinamento dell’universo femminile in un unico ruolo, quello di moglie, e madre. Assumere un ruolo nel mondo del lavoro ha significato per le donne acquisire indipendenza, le battaglie per il divorzio e l’aborto hanno dato alle donne la possibilità di essere le uniche responsabili nel determinare il proprio destino. Questo sulla carta, perché ad un cambio delle regole nel gioco della vita delle donne deve fare da contraltare un cambio di prospettiva da parte degli uomini, che devono guardare alle donne con occhi nuovi. Un esercizio difficilissimo, il percorso di autodeterminazione viene mal sopportato; i femminicidi sono, anche, la tristissima testimonianza di quanto la donna sia ancora troppo spesso considerata qualcosa, o proprietà di qualcuno. Si è celebrata il 25 novembre la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, una presa di coscienza da parte della collettività, e degli uomini, è auspicato si concretizzi presto. Ecco perché accanto a un percorso di evoluzione della figura femminile nella società e nel mondo del lavoro deve fare da contraltare l’evoluzione dell’uomo, del compagno di vita, del manager, del capo. Solo se cambiano le relazioni nel privato, e quindi nella società, abbiamo speranza che cambino alcune dinamiche all’interno delle aziende. Solo un uomo che esprime il suo ruolo di compagno e padre condividendo totalmente le responsabilità sarà un manager, un capo, una persona attenta, che valorizza il merito e che sa ascoltare. Solo una donna che sa di essere ascoltata, aiutata e sostenuta, sarà portata ad aiutare altre donne, a farle crescere nell’organizzazione. Se si vuole dar forza alle donne occorre partire dalla famiglia e dalle relazioni al suo interno. Non esiste strumento utile all’avanzamento del lavoro femminile se all’interno della famiglia non si accettano ruoli più bilanciati. Il rischio è avere in azienda donne che si travestono da uomo: quello il modello accettato, quelli i comportamenti che l’organizzazione premia, quello la donna riesce a mettere in pratica. Come evitare un disastro organizzativo? Come costruire organizzazioni dove tutti hanno la possibilità di esprimere il loro valore, dove nessuno è costretto a rimanere indietro, o peggio, a essere escluso? In questo spazio, nato ormai più di cinque anni, vorrei continuare a trattare questi temi. Con una nuova veste grafica e con la speranza di coinvolgervi sempre di più.