Per chi avesse trascorso le vacanze della scorsa estate su un altro pianeta, a Pechino, nel mese di agosto del 2008, si sono disputate le Olimpiadi. L’Italia si è aggiudicata 28 medaglie e, tra gli atleti vincitori di medaglie d’oro, si è distinta la tiratrice di scherma Valentina Vezzali, che ha conquistato il podio nel fioretto individuale. Complimenti a questa pluripremiata atleta: sta dimostrando che conciliare agonismo e maternità, famiglia e carriera, si può. Ma la notizia non è questa.
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Cresce il fenomeno dell’e-recruiting, cioè la ricerca sul web dei candidati. Ma gli head hunter, oltre a cercare il candidato, il professionista, cercano la ‘persona’ che acquista valore anche in base alle relazioni che emergono dal web. Per questo è necessario curare l’online reputation. Siamo quello che siamo e le nostre relazioni fanno parte del ‘valore’ che portiamo con noi. Si parla di lifelong learning, che viaggia in parallelo con il lifelong working, dico io.
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Bella domanda. Scrivo queste righe il giorno della festa della mamma e siccome i miei figli non si sognano più da tempo di venirmi a salutare al mattino per festeggiarmi (succedeva ai tempi dell’asilo, quando mostravano la loro gratitudine portando a casa lavoretti improbabili che ero costretta a esporre per qualche tempo) mi pongo qualche quesito sull’attenzione, non già dei miei figli verso di me, ma delle istituzioni italiane verso le mamme. Quelle che lavorano, e quelle che no.
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“Figli: una donna su tre non ritorna al lavoro”, “Culla e ufficio in conflitto”, “Mamme manager: rientro difficile in un caso su due”. Questi sono solo alcuni dei titoli comparsi recentemente sui nostri quotidiani. L’argomento viene trattato con assiduità; significa che non è più rimandabile. Quando andavamo a scuola, a fine anno, ci scattavano la foto di classe. Ora che siamo cresciuti, è l’Istat che ogni anno fotografa come siamo diventati. E, nella foto di quest’anno, i sorrisi sembrano un po’ sfocati.
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