Categoria: Pausa caffè

Le professioni del futuro

Con le nostre riviste ci occupiamo anche di formazione e sarebbe miope non prestare attenzione alle professioni emergenti e che riguardano tutte quelle attività che servono per tenere insieme le nostre vite. Il settimanale l’Espresso pubblica un articolo dedicato al mercato degli affetti, e a tutte le attività correlate. Vendiamo al punto: non facciamo più nulla da soli (a questo proposito vedi post del 5 luglio, Quando si perde l’orientamento) e la nostra vita privata viene gestita quasi totalmente in outsourcing: baby teacher, baby sitter, colf, wedding planner, manager della terza età, love coach, family manager.

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Le storie che rincuorano

Crolla il tasso di occupazione tra gli under 35, negli ultimi cinque anni sono diminuiti di 1,5 milioni. I dati che riporta il Corriere della Sera impongono una riflessione: nel secondo trimestre di quest’anno, rispetto allo stesso periodo del 2007, i giovani occupati tra i 15 e i 43 anni sono passati da 7 milioni 333mila a 5 milioni 876mila. Meno 19,9%. Cosa fare? I giovani se non vogliono perdere le speranze devono investire nella loro formazione. E qui emerge un altro problema,  perché l’investimento presuppone una disponibilità economica, di cui genitori dei nostri ragazzi potrebbero non disporre. La vita media – e questa non è certamente una cattiva notizia – si è allungata e le ricchezze si trasferiscono sempre più tardi da una generazione all’altra. Questo significa che il giovane laureato, se vuole fare un master, deve fare un doppio salto, scavalcare il papà e sperare nella comprensione dei nonni. Che non è detto avvertano la necessità dell’investimento in questione, mettendo a rischio l’impiegabilità delle generazioni future. Se poi il giovane è anche donna, sappiamo bene che tutto si complica. Uno dei recenti post  pubblicati su questo blog è un vero e proprio grido di dolore. Malouine scrive che non riesce nemmeno a concepire l’idea di fare un figlio. Ha 34 anni, se non può pensarci ora, quando? Non sono io a poter proporre soluzioni, ma da un paio d’anni ho voluto dar spazio ai giovani sulla rivista 

La riforma del lavoro e le donne

Lo scorso 18 luglio è entrata in vigore la riforma del mercato del lavoro. Cosa cambia per le donne? In sintesi, si contrastano le dimissioni in bianco, si introduce il congedo di paternità e le società controllate da amministrazioni pubbliche devono garantire una percentuale di quote rosa (un terzo). E’ previsto anche uno sgravio contributivo del 50% per assunzioni di donne effettuate dal primo gennaio 2013 che rispettino i seguenti criteri: donne di qualsiasi età, che non abbiano un impiego retribuito da almeno sei mesi e siano residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti dei fondi strutturali dell’Unione Europea e donne di qualsiasi età, indipendentemente dalla regione di residenza, che non abbiano un impiego retribuito da almeno 24 mesi. Lo sconto sui contributi viene applicato per 12 mesi per i contratti a termine e per 18 mesi per i contratti a tempo indeterminato, o nel caso di trasformazione del contratto. Il tema della riforma del lavoro merita di uno spazio di riflessione. Ne parleremo il prossimo 17 settembre nel corso di un confronto che abbiamo organizzato con il senatore Pietro Ichino a Milano. A questo link http://www.este.it/res/convegno_edizione/eid/84/zid/129/p/ trovate i dettagli dell’evento. Vi aspettiamo.

Pensiamo alla salute

Su quotidiani e settimanali il dibattito non accenna a placarsi. Da quando Anne-Marie Slaughter ha ‘gettato la spugna’ e urlato al mondo che famiglia e carriera sono incompatibili il dibattito, che già impazzava, non conosce tregua. Tutti si interrogano, nessuno trova risposte. Il settimanale Grazia organizza un dibattito interno: la redazione tutta si interroga. Come dire, non aspettiamo che siano gli altri a darci delle risposte, facciamoci delle domande e rispondiamo prima a noi stessi. Poi sentiamo il resto del mondo cosa ha da dire. Una sorta di analisi collettiva. Una considerazione mi colpisce. Al di là della constatazione che i padri sono sempre più consapevoli del proprio ruolo – e questo è un bene – la differenza la fa il senso di colpa, che scatta sempre e solo nelle donne. E a volte sono le donne ad instillarlo alle altre donne. Confermo. Nel paesino ligure dove passo le mie vacanze non si contano le vicine d’ombrellone integraliste: non puoi lasciare tutto il giorno tuo figlio nelle mani di una tata che parla a mala pena l’italiano, i figli che crescono con le mamme a tempo pieno stanno meglio, se fai tutto rischi di far tutto male. Il campione di riferimento in questione potrà non essere rappresentativo, ma sarebbe sbagliato liquidare la questione snobbando le ‘sagre dell’ovvio’. Si tratta pur sempre dello specchio di un sentire collettivo, e quando si parla di cambi di cultura bisogna partire da lì, dalle opinioni dei vicini, d’ombrellone, di casa o di scrivania. Molto spesso si innescano conversazioni dalle quali mi par di uscire perdente, soprattutto se intervengono i padri del partito anti-tata (mio figlio deve stare con sua madre, tuonano in tanti, come se non fossero le madri le prime a voler stare con i figli…). Ma non mi perdo d’animo. E trovo conforto in ricerche che dimostrano che le mamme che conciliano lavoro e carriera godono di migliore salute, fisica e mentale. A riportare la notizia il quotidiano La Stampa: “Donne sane e felici se il lavoro è a tempo pieno”. I ricercatori della Penn State University e dell’ateneo di Akron che hanno studiato 2.540 donne diventate madri tra il 1978 e il 1995 hanno concluso che riprendere a lavorare dopo la maternità fa bene, al fisico e alla mente. Lavorare, dunque, fa bene. Io mi fido. E voi?

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