Valorizzare le differenze, concentrarsi sull’inclusione di tutti coloro che potenzialmente possono dare un contributo di valore alle nostre organizzazioni rappresenta una sfida. La convivenza di etnie, lingue e culture diverse è ormai un dato di fatto: la nostra società è sempre più multietnica, multilingue e multiculturale e le nostre organizzazioni saranno sempre più lo specchio di queste pluralità e multiculturalità.
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Si licenzia un facchino mussulmano all’hotel Danieli di Venezia. Non accetta di prendere ordini dal suo diretto superiore, una governante in servizio da anni. La ricerca di un nuovo lavoro non va a buon fine – la crisi morde anche in laguna – e il dipendente ribussa alle porte del Danieli. La mediazione si trova: un collega maschio farà da tramite con la governante. E il facchino torna in servizio. Ma stiamo parlando di mediazione, non di integrazione. O no?
Simone de Beauvoir diceva che avremo la parita’ solo quando troveremo una donna stupida in un posto di responsabilità. Volendo attualizzare il concetto ai nostri giorni, mi vien da dire che avremo la parità quando troveremo un uomo che, come Anna Marie Slaughter, ex funzionario del Dipartimento di Stato Usa, affermerà di voler rallentare i propri ritmi di lavoro per seguire di più i figli. Finche’ la responsabilità dell’educazione dei figli sarà percepita come un impegno prevalentemente femminile, soprattutto dalle stesse madri, difficile immaginare grandi cambi culturali. In questo dibattito che riempie le pagine di quotidiani e settimanali, possibile che nessuno abbia bussato alla porta della rinunciataria più famosa del momento per chiedere: “Scusi, il padre dei due scapestrati che la costringono a rinunciare alla carriera, dov’è?”.
Per chi stiamo scrivendo? Mettersi nei panni del lettore, mettersi nei panni dell’altro. Questo dovrebbe fare chi scrive. Così inizia il suo seminario sul Business writing che si tiene oggi a Milano Francesco Varanini.
Direi che mettersi nei panni dell’altro e’ un esercizio che dovremmo fare più. Se tutti lo facessimo, nelle nostre organizzazioni staremmo meglio. O no?