Chanel, Obama e l’economia reale
Femminilità, amore per la famiglia e ambizione professionale non sono aspetti incompatibili. Le donne, oggi, sono alla ricerca della propria completezza, aspirano a una gratificazione emancipata dal contesto familiare. Preso atto di questo, conciliare si può, si deve mi vien da dire, se davvero si cerca una realizzazione nella sfera professionale che abbiamo scelto. E parlando di questi temi, si vanno cercando le best practice e anche i best place to work, come si chiamano adesso. I posti dove non solo si presta attenzione al benessere dei dipendenti, ma si forniscono supporti concreti per conciliare vita personale e vita lavorativa, il work life balance, per dirla all’inglese. Che, dal nostro punto di vista, significa arrivare a casa in tempo per buttare la pasta, non arrivare sempre in ritardo alle riunioni a scuola eccetera. Tornando agli strumenti che le aziende forniscono per facilitare la conciliazione, non ho fatto a meno di notare una frase citata nell’intervista immaginaria di Carlo Nutrito, pubblicata sul numero 45 di Persone&Conoscenze: “Non esistono idee nuove, ma solo quelle che nessuno ricorda più”. E cosa c’entra, vi starete domandando? Rileggendo le pagine che sempre sulla rivista abbiamo dedicato al centenario della fondazione dell’Olivetti, emerge forte come tutte le parole dedicate all’attenzione alle persone non siano davvero nulla di nuovo. Si è parlato della rivoluzione copernicana operata da Adriano Olivetti. Un imprenditore illuminato che ha aperto biblioteche, asili nido, case vacanze per i figli dei dipendenti, ha previsto la retribuzione del periodo di maternità. Mentre noi, oggi, guardiamo con ammirazione gli asili nido nelle grandi multinazionali, ci scordiamo che un imprenditore italiano che ha segnato la storia dell’informatica nel nostro Paese, già nella prima metà dello scorso secolo, aveva dato avvio non solo a politiche di work life balance ma aveva, di fatto, concretizzato quella che viene pomposamente definita Corporate social responsibility. Che, nei fatti, praticano in pochi. Altro tema di grande attualità: l’economia reale. Tempeste finanziarie hanno sconvolto i mercati di tutto il mondo e, per non fare troppi giri di parole, siamo tutti più poveri. Visto che abbiamo l’abitudine di guardare quanto accade oltreoceano, impossibile non volgere lo sguardo ai primi provvedimenti adottati dal neopresidente Obama. Tra i membri di quello che è stato definito il ‘dream team’ spicca Nancy Killefer9, nominata ‘chief performance officer’. Quale sarà il suo compito? Orientare i finanziamenti alla pubblica amministrazione secondo il reale valore dei servizi offerti ai cittadini. Attenzione massima quindi alla produttività ed efficienza del servizio pubblico e presa di distanza dalle logiche partitiche, dalle lobby politiche e quindi dagli sprechi. Un bel salto in avanti. E già si parla di ‘metodo Obama’. Da seguire con attenzione. Per calarci in un argomento più ameno, ma a noi molto caro, lo shopping, se fino a qualche settimana fa le roccaforti del lusso mantenevano ben salde le proprie posizioni, è notizia dello scorso 26 gennaio che l’ondata di sobrietà ha fatto sentire i suoi effetti anche alle maison di moda e gioielli. Calano i consumi e Chanel, Tiffany persino il produttore di diamanti De Beers tagliano il personale. Anche le ‘supersciure’ piangono e fanno economia sulle borsette. Quanto ai diamanti, beh, visto che sono per sempre, per ora possono aspettare. Bella consolazione.