Il benessere al femminile
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La vita delle donne manager è durissima. Certamente, lo è più di quella degli uomini nelle stesse posizioni. L’avventura di una carriera al femminile pare spesso una ‘mission impossible’ e, quando arriva il momento di dedicarsi anche a un progetto familiare, molte donne ridimensionano i propri obiettivi professionali, non vedendo una soluzione alle difficoltà organizzative imposte dalle incombenze extra-lavorative. Perché tocca alle donne questa rinuncia? Questione culturale, retaggio di un passato che si trascina pesantemente nel nostro presente e condiziona molte di noi, tra sensi di colpa e mancanza di alternative, che costringono a sacrificare una parte importante della nostra vita. Ma qualche storia a lieto fine la conosciamo e vogliamo raccontarvela, sperando che sia d’ispirazione per tutti coloro che il problema non se lo sono posto, o che lo definiscono ‘superato’.
Quando l’uomo supporta il percorso professionale della donna
“Vedo il futuro delle donne che vogliono lavorare a tempo pieno durissimo. Se non c’è un marito o un compagno che si fa carico insieme alla donna delle incombenze familiari, nessuna può riuscire nell’impresa di essere manager e madre allo stesso tempo. Certo, noi donne siamo state cresciute con una maggiore capacità organizzativa, con l’obiettivo di districarci tra mille impegni e affrontare e risolvere difficoltà logistiche non trascurabili. Ma condivido quanto dice Chiara Lupi –afferma Raffaella Galliani, Segretario generale e Direttore generale del Comune di Casalecchio di Reno– nel suo ultimo libro Ci vorrebbe una moglie. Io non avrei mai potuto fare la carriera che ho fatto: sono segretario generale di un ente locale e ho assunto anche la funzione di direttore generale. Ho potuto dedicarmi a un lavoro molto interessante e particolare ma anche molto impegnativo grazie a un marito che si è fatto carico del 50% degli impegni familiari –e forse anche di più– permettendomi di essere anche moglie e madre. Senza un supporto di questo tipo non avrei potuto dedicarmi a tempo pieno all’attività lavorativa, a questa attività ancor più poiché prevedeva, anche in anni in cui avevo figli piccoli, un impegno proibitivo in termini di orari: potevo uscire di casa alle 8 di mattina e tornare alle 2 di notte per seguire consigli comunali e giunte”.
Alessandra Banfi, Direttore Ict Pirelli, così commenta l’approccio di Chiara Lupi: “Trovo efficace e divertente il fatto che l’autrice metta a nudo le proprie fragilità e la vita dura di tutti i giorni di chi lavora con un ruolo manageriale e deve nello stesso tempo crescere dei figli e gestire una casa. Tra le righe si legge anche il rapporto piacevole e necessario con gli uomini, come con l’amico che dispensa consigli e numeri di telefono della tata nel momento della defezione con conseguente disperazione della truppa. Tutto questo ci fa sentire partecipi durante la lettura e, al tempo stesso, ci incoraggia perché dimostra che alla fine siamo davvero tutte uguali e che non dobbiamo vergognarci se a volte ‘non ce la facciamo più’ e vorremmo gettare la spugna. Insomma… Ci vorrebbe una moglie si è rivelata una piacevole lettura e una piacevole scoperta che ci porta a riflettere e ad ammettere cose che a volte nascondiamo persino a noi stesse nella foga di tirare avanti a tutti i costi: certe fragilità, la nostra iper sensibilità, la grande stanchezza degli impegni che si sommano, l’amore per i figli, gioie e dolori nei rapporti con l’universo maschile, la carriera come scelta di un lavoro che piace, senza prevaricare gli altri, autorevolezza contro autorità… alla fine tutto questo diventa la nostra forza che sta proprio nella complessità ma anche nella completezza di essere donne”.
Oltre l’uomo
Trovare un equilibrio tra gli impegni familiari e lavorativi è possibile, basta volerlo. “Molti mariti –sottolinea Paola Tosi, consigliere delegato di Pegaso che nella foto vediamo con il papà Bruno e la sorella Cristina – rinunciano a una parte del loro lavoro per permettere alla donna di crescere professionalmente. Certamente, la mamma lavoratrice fa di tutto per essere sia mamma sia donna che lavora; questa motivazione manca forse all’uomo, così come quella capacità organizzativa e gestionale del tempo in cui la donna riesce con maggior successo. Le donne hanno spesso una marcia in più e risultano più efficaci. Ma nel contesto sociale in mutazione il valore della collaborazione diventa prioritario anche in ambito familiare. Ecco che reti di supporto costruite grazie a relazioni efficaci –ad esempio tra le mamme di compagni di scuola– sono fondamentali per agevolare la vita lavorativa delle mamme lavoratrici”.
Ma non basta solo la buona volontà dei singoli: un Paese civile dovrebbe farsi carico di interventi strutturali a supporto delle famiglie e delle donne-madri-lavoratrici. Soltanto in questo modo si può chiudere quella pagina della storia italiana fatta di rinunce e sacrifici al femminile e parlare della tanto agognata ‘parità’ anche sul lavoro, dando al contempo una forte spinta alla ripresa e alla crescita.
L’apertura verso modelli culturali diversi
E il ruolo delle imprese nostrane in tutto ciò? Fondamentale: possono davvero farsi protagoniste di iniziative che cambierebbero le sorti di molte donne. Vediamo qualche esempio. Crif da sempre offre opportunità professionali a uomini e donne senza distinzioni di genere; l’approccio dell’azienda è un approccio molto oggettivo e neutrale che tenta di mettere a disposizione le opportunità che si creano senza fare distinzioni di sesso o di ruoli familiari. Partendo da questo approccio di fondo e valore aziendale, le esperienze maturate mostrano spesso che ci sono molte più donne di quanto si pensi disposte a sfidarsi e a sfidare la propria famiglia (chiedendo anche sacrifici) per non perdere opportunità professionali e per poter assumere incarichi che richiedono anche periodi di lontananza dalla famiglia. Ciò che conta veramente è che la famiglia abbia o possa trovare nel cambiamento un proprio equilibrio, poco importa che la persona più impegnata nel contesto familiare sia la moglie o il marito, ciò che conta veramente è che la famiglia possa (anche con alternanze dei ruoli) mantenere un proprio equilibrio e avere in uno dei due genitori un riferimento forte per i figli. “La nostra esperienza –racconta Loretta Chiusoli, Hr Manager di Crif– evidenzia mariti disponibili ad assumersi questo ruolo di persona di riferimento per la famiglia, con la consapevolezza di tutti che la vita professionale oggi è lunga e variegata e non necessariamente i ruoli assunti in certe fasi di vita rimarranno fissi e immutabili per sempre. Crediamo che la donna possa ricavarsi gli spazi professionali che desidera lavorando innanzitutto su se stessa. Di fatto ciò che occorre creare è una mentalità di apertura verso donne desiderose di non rinunciare alle opportunità professionali e modelli culturali che aiutino le donne a non sentirsi in colpa e a spiegare ai propri figli la bontà di tali scelte. Per quel che mi riguarda, ogni volta che mia figlia mi chiede «mamma perché vai in trasferta e dormi fuori?», penso che non ci sia miglior risposta che questa: «perché la mamma ha studiato tanto e fa un lavoro che le piace, tu quando sarai grande e farai un lavoro che ti piace rinuncerai ad andare in trasferta?». Spesso e volentieri mia figlia mi risponde di no!”.
“Sono consapevole –commenta Paola Caccia Dominioni, Responsabile Risorse umane di Zeta Service– che ancora oggi lo scenario più frequente sia a sfavore della donna, tuttavia –e fortunatamente– in Zeta Service viviamo una realtà differente. Non solo perché da noi i ruoli manageriali sono ricoperti per lo più da figure femminili, ma soprattutto perché all’interno della nostra azienda siamo molto attenti a mantenere un buon equilibrio tra vita lavorativa e vita privata. Questo equilibrio si mantiene e si autoalimenta in modo del tutto naturale proprio grazie ai responsabili, ai coordinatori e ai collaboratori che, vestendo fuori dall’ufficio la veste di donna di casa e di mamma, sono pienamente consapevoli delle necessità che si presentano quotidianamente nella sfera familiare”. Inoltre, con lo scopo di supportare le donne e diffondere nelle aziende un approccio differente al lavoro rosa, Zeta Service ha aderito al progetto Un Fiocco in Azienda del Gruppo Donne Manager di Manageritalia, impegnandosi a fornire gratuitamente a tutte le dipendenti delle aziende interessate consulenza del lavoro in materia di maternità.
Strumenti di conciliazione dei tempi
Tutte quelle misure che favoriscono la conciliazione vita-lavoro sono riconducibili alla Legge 53, che disciplina le disposizioni per il sostegno alla maternità e paternità, per il diritto alla cura, alla formazione e il coordinamento dei tempi della città. Sul piano culturale, la legge prevede il coinvolgimento dei padri nella gestione familiare, la disciplina dei tempi delle città –cioè la sua armonizzazione– e l’organizzazione del lavoro. “Benessere –spiega Galliani– significa innanzitutto equilibrio tra impegni di lavoro e impegni personali, per i nostri dipendenti. O farei meglio a dire ‘le nostre dipendenti’: nel nostro ente, infatti, le donne sono 220 e gli uomini 64, una schiacciante prevalenza femminile, che rispecchia la tradizionale disparità fra lavoratori e lavoratrici nella pubblica amministrazione. Proprio per questo abbiamo bisogno di mettere in campo ogni attività di conciliazione dei tempi. Naturalmente, di queste misure usufruiscono anche i padri e tutti coloro che hanno bisogno ad esempio di curare gli anziani. Sono state dunque messe in campo delle azioni e attivati strumenti –aggiunge Galliani– per attuare il nostro concetto di benessere in azienda e nell’intera città. Li abbiamo pensati perché, oltre allo stimolo dato dalla disposizione normativa, quest’amministrazione sta dimostrando una grande sensibilità a tutti i livelli, e ha delegato appositamente un assessore per le pari opportunità. Il ‘Piano triennale delle azioni positive’, ad esempio, è un programma che coinvolge più enti del distretto sul tema della conciliazione dei tempi”.
Il benessere secondo le donne
“Molto interessante per le ripercussioni che ha sull’attività lavorativa dei dipendenti –continua Galliani– è il progetto ‘Tempi nascosti’, rivolto alle lavoratrici e ai lavoratori del Comune di Casalecchio di Reno. Tra le esigenze delle lavoratrici per conciliare vita e lavoro, in primis una maggior flessibilità in entrata –per cui abbiamo ampliato la fascia d’entrata dalle 7 di mattina alle 9– e in uscita. Inoltre è stata istituita la banca delle ore: abbiamo stabilito un orario di compresenza per tutti –dalle 9 alle 13– mentre le altre fasce sono flessibili, gestione che si sposa perfettamente con la necessità delle madri. Oltre a queste iniziative già implementate, ci è stato proposto di individuare attività telelavorabili; non è semplice ma ci impegneremo anche su questo fronte. Nel nostro ente i dirigenti sono quattro –oltre a me– due uomini e due donne e le posizioni organizzative –che corrispondono ai quadri delle aziende private– sono tredici, di cui sei uomini e sette donne: a maggior ragione per le donne in posizioni dirigenziali, le misure di flessibilità sono fondamentali: la prestazione da parte loro è assicurata pur fruendo della possibilità di telelavoro e di un orario di lavoro adattato alle esigenze famigliari. E possiamo dire che la flessibilità dà i suoi frutti”.
In Italia la cultura lavorativa basata su due principali aspetti –la prolungata presenza fisica presso gli ambienti di lavoro e la scarsa strutturazione delle attività e dei progetti, spesso affidati agli aspetti relazionali e agli scambi informali– risulta essere di difficile gestione per una donna. Le culture lavorative di altri paesi sono forse più semplici e meglio conciliabili con le esigenze delle donne-madri. Ciò che in Crif si è fatto per aiutare le donne a trovare un loro equilibrio è stato lavorare molto intensamente sul telelavoro e sulla possibilità di integrare in modo efficace questa modalità nella cultura lavorativa italiana. “Credo che il telelavoro e la flessibilità oraria (da sempre presente in Crif in quanto realtà di servizi) siano i due fattori più importanti per aiutare le donne a trovare un equilibrio tra lavoro e impegni familiari.
La nostra azienda supporta le donne a mantenere i propri impegni lavorativi anche dopo il periodo di maternità, mettendole a tutti gli effetti sullo stesso livello dei colleghi uomini, e applica processi di valutazione delle competenze e di misurazione delle performance che tentano di oggettivare i contributi e le capacità dei singoli, evitando quindi che aspetti di pregiudizio o di mentalità possano condizionare la carriera delle donne in azienda” sottolinea Chiusoli. “Zeta Service, con la sua alta percentuale di presenza di donne che ricoprono anche posizioni ai vertici, è un insolito esempio di azienda al femminile. Ho detto al femminile –precisa Caccia Dominioni– e non semplicemente femminile poiché non si tratta esclusivamente di indici numerici: il nostro pensiero condiviso è che ci sia un’influenza scambievole tra le persone che fanno parte di un’azienda e il carattere dell’azienda stessa. Quindi sembrerebbe che la situazione si ribalti: sono le nostre dipendenti che, grazie alle loro doti di ascolto, creatività e flessibilità, agevolano Zeta Service con soluzioni e proposte innovative. Poi, seguendo la nostra politica di apertura e dialogo, tutti pian piano all’interno della società si sono fatti promotori di questi nuovi valori, sviluppandoli e perfezionandoli a seconda della propria personalità; è bello vedere come atteggiamenti inconsciamente portati sul posto di lavoro siano diventati uno spunto da cui partire per creare il nostro valore distintivo”.
Le esigenze delle mamme lavoratrici
“Il benessere –racconta Tosi– è la nostra filosofia di vita. Mio padre è il fondatore della società, ora presidente onorario; io e mia sorella Cristina –che ora segue tutta la direzione commerciale e in parte quella generale– siamo subentrate nel consiglio di amministrazione dando vita a una gestione a tre mani. Se la figura maschile –illuminata– è mio padre, per il resto tutte le figure in azienda sono femminili (mentre sul territorio abbiamo un buon equilibrio tra uomini e donne nelle figure di informatori e venditori). Le numerose donne, soprattutto mamme, hanno scelto di avere un orario di lavoro flessibile; abbiamo garantito alle nostre collaboratrici questa possibilità di agevolazione. L’ufficio commerciale è composto da quattro donne, le referenti commerciali sono due donne; il nostro direttore tecnico è una donna di poco più di trent’anni, mamma di un bambino di tre; abita a Modena, viene in azienda un paio di volte alla settimana (concentrando in quei momenti appuntamenti e riunioni) e per il resto lavoriamo tramite Skype, strumento che ci permette di vederci pur rimanendo a distanza. La tecnologia dunque ci viene in aiuto, facilitando il suo impegno di madre e di direttore tecnico ed evitandole di passare tutti i giorni ore in automobile. Un’altra mamma lavoratrice si occupa dell’approvvigionamento; ha iniziato in Pegaso diversi anni fa lavorando solo di mattina e, man mano che i figli sono cresciuti, ha avuto la possibilità di ampliare il suo orario. In questo senso abbiamo trovato sempre dei punti d’incontro. In generale, abbiamo adottato le 38 ore settimanali: il venerdì si esce dall’ufficio alle 4 e nei mesi di luglio e agosto l’azienda chiude il venerdì alle 12:30. Il tempo del fine settimana si allunga, regalando così tempo alla famiglia. Inoltre, ci impegniamo nello sviluppo di attività che permettano alla donna di lavorare da casa”.
Tutoring e mentoring per la conciliazione
Uno degli strumenti richiesti e già istituiti dal Comune di Casalecchio è il referente per la conciliazione, un dipendente –individuato per le sue competenze– che supporta le lavoratrici assenti per esempio in caso di maternità: durante i periodi di assenza, per non subire lo shock del rientro, è possibile usufruire di un’attività di mentoring informatica e di tutoring. “Viviamo un continuo cambiamento delle normative: dopo un’assenza di sei mesi-un anno per maternità, i cambiamenti al lavoro sono consistenti, anche a livello di software. È molto importante –non solo per la persona ma anche per l’organizzazione– l’aggiornamento e un percorso di affiancamento, al fine di evitare al rientro un disorientamento prolungato della persona” specifica Galliani.
Iniziative di welfare
“Una società che, come la nostra, è fortemente attenta al benessere dei propri dipendenti, non ha come approccio quello dell’imposizione ma quello della condivisione e dell’ascolto. Attraverso workshop, dibattiti e questionari abbiamo più volte interpellato i nostri collaboratori al fine di indagare tanto sulle loro necessità quanto sui loro desideri. I benefit che offriamo spaziano quindi a 360 gradi e non sono affatto statici e fossilizzati di anno in anno, ma vanno incontro alle richieste che man mano emergono in azienda. Dal momento che l’80% di Zeta Service è costituito da donne, in primis abbiamo cercato di agevolare le nostre dipendenti offrendo servizi di lavanderia, di consegna domiciliata della spesa e, qualora ci sia la necessità, anche la possibilità di lavorare da casa. Questi benefit –insieme a tutti gli altri– sono stati pensati per alleggerire la vita personale di tutti i collaboratori, nella consapevolezza che mezz’ora risparmiata in attività routinarie ripaga, all’occorrenza, con dieci minuti in più spesi sul posto di lavoro o, altrimenti, con un sorriso. E, in entrambi i casi, abbiamo la conferma che l’obiettivo è stato raggiunto”.
Crif scopre l’importanza del Welfare aziendale circa dieci anni fa quando parte della propria popolazione femminile (pari al 60% del totale) comincia a vivere le prime esperienze di maternità. Crif nasce come azienda alla fine degli anni ottanta, sviluppandosi in termini di organico tra la fine degli anni novanta e l’inizio degli anni duemila, puntando in modo significativo su giovani laureate che, dopo un po’ di tempo in azienda e dopo percorsi professionali appaganti, decidono di sviluppare una propria famiglia. Da qui in poi Crif capisce l’esigenza di sviluppare pacchetti a supporto della maternità e oggi Crif offre a tutte le dipendenti che intraprendono la maternità un periodo di assenza facoltativa remunerato con una quota aggiuntiva a carico dell’azienda, un contributo alle spese di asilo o baby-sitter e un periodo di telelavoro (per facilitare il rientro dopo il periodo di assenza facoltativa). A questa azione, che forse rimane la più importante e la più simbolica, se ne aggiungono nel tempo tante altre, quali l’attivazione di un asilo aziendale (una convezione con un asilo privato al fine di riservare un certo numero di posti ai bimbi dei dipendenti Crif e di aiutare economicamente i genitori Crif con il pagamento del 50% della retta a carico azienda); l’attivazione di servizi svolti in azienda per risparmiare tempo e semplificare la vita alle persone (quali il servizio di sartoria, di gestione pratiche amministrative, di dietista e di ritiro/consegna auto da riparare); l’attivazione di una serie di convenzioni e sconti con alcuni esercizi e aziende di riferimento; la proposta di cibi biologici in azienda attraverso l’erogazione di pasti già pronti e la prossima apertura di una area break con un servizio di catering di cibi naturali freschi; la prossima apertura di una palestra aziendale, iniziativa che nasce con l’obiettivo di aiutare le persone a trovare il tempo per curare il proprio benessere psico-fisico riducendo al massimo il tempo di spostamento dall’ufficio a una palestra esterna.
Migliorare la qualità della vita quotidiana delle persone
“In Sodexo Italia siamo oltre 11 mila: l’87% di noi è donna e la percentuale resta alta anche se saliamo nella gerarchia: il 53% dei nostri quadri sono donna”. Parte da questi dati di fatto Nadia Bertaggia, Direttore Risorse umane e Organizzazione, per spiegare come si declina al femminile il ‘benessere’ nella sua azienda. “Sodexo è un’azienda di servizi ed è il nostro stesso lavoro che ci offre delle condizioni privilegiate, che facilitano l’inserimento al lavoro delle donne: il business e, di conseguenza, i mestieri e la cultura aziendale sono ad altissimo tasso di componente umana (dalla ristorazione alle pulizie, dalla manutenzione alla reception, dall’assistenza alla gestione posta interna, dalla cura del verde alla gestione archivi, solo per fare qualche esempio). Questo significa –spiega Bertaggia– che abbiamo molte posizioni part time e, molto spesso, in fasce orarie ‘comode’ per le donne. Ma non solo, è proprio il tipo di lavoro che offriamo particolarmente adatto. Lavoriamo ‘in casa’ dei clienti (aziende, scuole, ospedali, case di riposo ecc.) e quindi la struttura è fatta, in realtà, di tantissime piccole isole, comunità decentrate che condividono quotidianamente spazi e attività. Nel caso di un’unità di ristorazione la comunità Sodexo lavora sul cibo, e quindi vive tutte le componenti fisiche, simboliche, emozionali, estetiche e aggreganti ad esso collegate. Il legame che si crea all’interno di queste comunità è molto forte e il clima particolarmente adatto alle donne. Il clima nelle nostre unità è soft e amichevole, ma la gerarchia e la ripartizione dei ruoli, dei compiti e dei tempi di lavoro sono, inevitabilmente, chiarissime e molto rigorose: e questa comunità che si autoregola e si autodisciplina, tutti i giorni, è un modello molto forte per chi vuole crescere in azienda. Proprio perché i nostri ‘mestieri’ sono ad altissima intensità umana, l’azienda ha bisogno di ‘scovare’ i migliori talenti, ovunque siano e favoriamo la crescita interna. Inoltre, la politica Gruppo, che noi condividiamo e abbiamo integrato con piani d’azione mirati, è quella di offrire pari opportunità a 360°: senza distinzioni di genere, di età, diversità etniche o culturali, disabilità, orientamento sessuale. Così, ad esempio se la nostra mission è ‘migliorare la qualità della vita quotidiana delle persone’ nella nostra azienda operiamo per costruire insieme un ambiente di lavoro aperto, motivante e comunicativo, capace di integrare e valorizzare le diversità e le capacità individuali. Sempre disponibili ad ascoltare, in modo da conciliare le esigenze della vita privata con quelle della vita professionale. A questo proposito, e per dare il segno di come la nostra scelta di conciliare lavoro e privato e al contempo di non discriminare in alcun modo, vorrei portare un piccolo esempio. Da tre anni aderiamo all’iniziativa della Festa delle mamme che lavorano, solo che da noi è divenuta la ‘Festa delle mamme e dei papà che lavorano’… Un altro esempio. C’è un ruolo in Sodexo che opera là dove si costruisce concretamente il nostro business: nel rapporto quotidiano con i nostri clienti e il nostro personale front line. Ed è il ruolo dove si costruisce il profilo manageriale dei nostri Responsabili operativi. Il Ruolo è quello del Responsabile di Unità: in questa popolazione (oltre 300 persone) ben il 62% sono donne. Conduciamo ogni due anni, in tutto il mondo, un’indagine sul clima che ci permette di monitorare tutti i singoli aspetti della vita in azienda, per figura professionale, per aree geografiche, genere… per, eventualmente, aggiustare il tiro. E il tipo di risposta che abbiamo dalle donne, a tutti i livelli, è quella di un ambiente di lavoro vissuto nel segno dell’impegno e del benessere. In Sodexo abbiamo deciso di partire dalle regole. Forse la strada meno eclatante fra quelle tra cui avremmo potuto scegliere. Ma una strada che ci ha portato a risultati davvero importanti. In Sodexo nessuno è invisibile. Nessuna donna, come d’altronde nessun uomo, rimane sconosciuta o dimenticata”.