Intervista a Barbara Santoro
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L’insicurezza è spesso legata alla paura di non farcela. Basta un mal di pancia della baby sitter che si rompe il puzzle. Per questo la donna è più debole, perché ha paura di non farcela…
È vero, ma proprio per questo l’azienda si deve organizzare in maniera tale da poter assorbire questi eventi. Non possiamo prescindere dal fatto che la nostra organizzazione è fatta da persone con famiglie alle spalle che vanno gestite. Concordo molto con chi sostiene che siamo noi a doverci assumere la responsabilità di quello che vogliamo e di quello che siamo disposti a dare e fare. Ed è fondamentale entrare in una dinamica di negoziazioni. L’importante è aver chiaro qual è il nostro vero obiettivo, capire dove vogliamo arrivare, negoziando. E questa capacità di negoziazione è una capacità tutta femminile che va messa in campo.
A livello istituzionale ci sono Paesi che più di altri hanno lavorato nell’ottica di supporto alla conciliazione; pensiamo alla Francia…
È indispensabile che anche in Italia, prima o poi, arrivino risposte dal sistema politico. Ma non credo potremo contarci nel breve termine. Tutte le aziende hanno l’obbligo di cercare soluzioni funzionali alla loro organizzazione. Le persone devono chiedere supporto alle aziende e se non trovano risposte dovrebbero avere il coraggio di cambiare, cercando di essere tutti motori di un grande cambiamento. Cambiare il nostro microcosmo, sperando poi che più cambiamenti vadano a incidere sulle modalità di gestione delle organizzazioni.
A tutte le donne che si sentono al bivio tra famiglia e carriera, cosa suggerisce?
Direi di non rinunciare a ciò che può dare felicità. Crearsi una rete di sostegno che può non essere necessariamente la famiglia: altre mamme, zie onorarie. Lasciarsi aiutare, anche facendo sacrifici, ma senza per questo dover rinunciare a costruire il proprio futuro. Poi i bambini crescono…
Non è che anche nella sfera professionale si riflette questa tendenza a chiedere poco?
A volte si pensa sia più importante stare sempre con i figli piuttosto che essere una persona equilibrata e serena. Ma anche la propria realizzazione in un percorso professionale rappresenta una grande eredità che si lascia ai figli, che vedono un progetto portato a termine. E questa è una ricchezza che si trasmette. È importante trasferire il concetto che tutti dobbiamo contribuire alla realizzazione di un sogno. Che il nostro lavoro è funzionale all’arricchimento dell’intero sistema.
Barbara Santoro si trasferisce a sette anni in Canada. Si diploma in canto e pianoforte, lavora in una radio locale e vince concorsi nazionali. Una borsa di studio la riporta in Italia dove stringe un sodalizio artistico con la pianista Loredana Franceschini, la vedova di Giorgio Shenker. Complice un momento di riflessione artistica, si avvicina al mondo dell’insegnamento delle lingue e quando la vedova Shenker le propone l’acquisto delle quote inizia la fase imprenditoriale di Barbara, che nel frattempo si è diplomata in canto al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma. Oggi è presidente di un Gruppo che conta 40 sedi e 440 addetti e che, malgrado la crisi, ha aperto una sede a Londra e guarda con fiducia ai mercati internazionali.