Intervista a Gianna Martinengo
Lei è l’anima di Imprendium, un business network per donne. Quali gli obiettivi?
Le donne hanno oggettivamente problemi di accesso al credito, il nostro sistema non sostiene la Pmie l’imprenditoria femminile è legata prevalentemente alla piccola e media impresa, se è impresa di prima generazione. Nel caso di seconda generazione abbiamo donne molto in gamba, pensiamo alla Marcegaglia, alla Todini; donne che, oggettivamente, hanno avuto più agevolazioni. La complessità c’è e richiede un terreno di dibattito. E www.imprendium.it vuole essere uno spazio di confronto e crescita.
Lei ha voluto dar voce alle tecnovisionarie. Ci spiega?
Le donne inventano le tecnologie in ambito Ict ma anche in diversi settori, e qui sta la trasversalità delle tecnologie. Questo mi dà lo spunto per immaginare che il prossimo anno affronteremo il filone della trasversalità delle tecnologie dando un peso particolare a qualche settore specifico e identificando così le tecnovisionarie in diversi ambiti. Si tratta di un’idea forte, che mira a coinvolgere settori differenti.
Quale il valore del premio ‘Le Tecnovisionarie’?
Innanzitutto una tecnovisionaria è una donna capace di ‘inventare il futuro’, una donna che con il proprio lavoro ha testimoniato di saper coniugare creatività, innovazione e qualità della vita. Innovazione da intendersi non solo come costruzione di nuovi strumenti, ma soprattutto come capacità di concepire diversamente i problemi e identificare nuovi obiettivi. Il premio ha una valenza per tutte le donne che hanno raggiunto risultati nelle imprese ma che anche rappresentano un modello positivo per le giovani donne che si devono riconoscere in questi modelli, in un paese in cui i messaggi femminili non brillano per positività.
La sua idea di condivisione riprende gli attuali concetti che stanno alla base del web 2.0. Non è così?
Ho iniziato a trattare temi legati web 2.0 nel 1995. Nella storia di Didael, concettualmente, i paradigmi di condivisione, conoscenza e interazione sono interiorizzati da parte di tutte le persone che collaborano con l’azienda. Già molti anni fa quel concetto era presente e lo realizzavamo con le tecnologie disponibili. Discover, share, empower, questa la storia di Didael: scopriamo, condividiamo e poi applichiamo. E questo deve essere anche il processo dell’Ict. Da una decina d’anni a questa parte l’Ict ha cambiato paradigma di progettazione: non è più la visione top down in cui qualcuno inventa un sistema che gli utenti usano. L’utente è parte integrante di un processo di ideazione delle tecnologie e se non si riesce a cogliere questo significa non avere capito nulla dell’ict. Bisogna porsi nell’atteggiamento dell’ascolto.
E l’ascolto è una capacità che le donne hanno…
Capacità di ascolto, capacità di costruire servizi e interpretare i bisogni degli altri fa parte di quel bagaglio di competenze innate delle donne. Da anni sostengo che la capacità di ascolto e di prendersi le responsabilità sono abilità presenti nel nostro Dna. L’ho sempre intuito e quando ho scoperto gli studio sulle neuroscienze di Alice Mado Proverbio –Professoressa di Psicobiologia e Psicologia Fisiologica presso Università degli Studi Milano Bicocca– ho ritenuto importante portarlo alla luce nell’evento. Le donne hanno una notevole abilità di ascolto e devono sapere mettere a frutto questa abilità, metterla al servizio dell’innovazione.