Intervista a Nadia Peviani

Scritto da admin971 il 17 Maggio 2012. Le Interviste.

Le donne non sono considerate cervelli strategici perché antepongono il sentimento alla ragione, quindi. Ma le due cose non possono convivere e contribuire al successo?
A 56 anni sto ancora cercando di rispondere a questa domanda. Perché è vero che l’intuito aiuta, ma è anche vero che a volte questi aspetti risultano controproducenti; specialmente quando si deve gestire un’organizzazione, si devono stabilire delle regole, con i collaboratori, con i clienti e fornitori. Se devo guardare ai miei ‘errori’ passati, da quando ho iniziato la mia attività, uno dei più frequenti è stato quello di non saper separare il rapporto personale da quello professionale. E questo mi ha penalizzato nei momenti in cui sarebbe stato necessario essere puramente razionali. Ma sono errori che rifarei perché, quando ho fondato la mia piccola azienda, coltivavo il sogno di creare un gruppo affiatato, che lavorasse bene insieme, con la voglia di affrontare insieme le sfide, magari con un pizzico di allegria. Sono sempre stata insofferente alle regole precise dell’azienda, ai formalismi e ai rituali. Per questo, non appena ho avuto la possibilità, ho cercato un modo diverso di lavorare. Oggi mi rendo conto invece che la ‘famigliola’ funziona in un ambito molto piccolo; ma quando l’azienda cresce, sono le stesse persone che sentono il bisogno di avere delle regole stabilite. Personalmente credo che la ricerca delle regole sia un modo inconscio per non assumersi spontaneamente delle responsabilità, ma ammetto anche che stabilire un sistema di regole diventa funzionale al raggiungimento degli obiettivi aziendali.

Posto che l’azienda, come organizzazione, ha un imprinting maschile, lei che ne ha creata una sua è riuscita a dare un’impostazione ‘diversa’, magari facendo leva su valori tipicamente femminili?
Credo di aver caratterizzato la mia azienda in modo diverso. Ho sempre cercato di sorprendere un po’ l’interlocutore, che fosse un fornitore, o un potenziale cliente, con un binomio apparentemente contrastante: nel nostro sito risaltano una ragazza –che richiama la freschezza, la semplicità– e due colori, l’arancione e il rosso, sinonimo di allegria, calore e passione. A questi aspetti più estrosi e creativi abbiamo sempre affiancato il rigore nel nostro lavoro: qualità e competenza, serietà, rispetto dei tempi, professionalità, preparazione, aggiornamento. Ho sempre creduto nel binomio informalità-professionalità: il cliente diventa un partner, e il nostro gruppo una parte integrante dell’azienda cliente; quello che conta sono i risultati e la capacità di mantenere i rapporti fiduciari con i clienti. Mantenimento e manutenzione del cliente sono due concetti sostanzialmente diversi: la manutenzione è un aspetto meramente operativo, il mantenimento presuppone la capacità di soddisfare le esigenze del cliente, costruire un rapporto fiduciario, intraprendere percorsi progettuali condividendone gli obiettivi.

Le donne fanno carriera ancorandosi a modelli maschili. Non crede che, realizzando un modello femminile di azienda, le donne non sarebbero costrette a vestire panni che non sono i loro?
Sono d’accordo. Per anni non sono riuscita a partecipare a una riunione se non ‘costretta’ in tailleur impeccabili e avevo la sensazione di non essere presa sul serio partecipando a un meeting di lavoro se mi fossi vestita da ‘donna’. Pian piano è cambiata la società e io con essa; e ho capito che se si ha a che fare con interlocutori intelligenti, questi sono aspetti che non hanno poi una grande importanza. Ma questo concetto vale anche per gli uomini. Ci sono moltissimi manager impeccabili nel loro doppio petto, ma non in grado di risolvere in modo intelligente un problema e ce ne sono altri, magari più informali, che però sono pieni di idee e di soluzioni intelligenti.