Quando la baby sitter non serve più
Ateneo, conciliazione, formazione, lavoro, lavoro femminile, Massimo Bruscaglioni, Mauro Magatti
Ma ti occupi sempre di lavoro femminile? Come vanno le dirigenti disperate? Mi rivolge la domanda Massimo Bruscaglioni che questa settimana ha partecipato alla prima lezione del nostro Ateneo.
Un nuovo progetto, un ciclo di incontri per aiutarci a riflettere sui temi legati alle persone, al lavoro e alla contemporaneità. In effetti la domanda di Massimo è pertinente, perché se è vero che il tema donne e lavoro continua ad essere al centro delle mie osservazioni, ora è cambiato il fatto che i miei problemi sono differenti. E se cambiano i problemi, cambiano le prospettive dalle quali si osservano i fenomeni. Mi spiego. Fino a qualche anno fa il mio problema era la gestione, di figli, casa, scuola, attività, baby sitter, scioperi delle mense, vacanze scolastiche lunghissime e soprattutto non per forza allineate tra una scuola e l’altra, malattie. Per anni ho raccontato il mio quotidiano con ironia, arma che consente di sopravvivere un po’ meglio alle avversità del quotidiano. Poiché cercavo una vena quasi comica in quegli imprevisti che mi hanno accompagnato in tanti anni di lavoro, mi ero anche convinta che fosse tutto sommato divertente, che quelle sfide quotidiane fossero quasi elettrizzanti. E penso davvero sia stato così. Ora ho in casa due adulti e la musica è cambiata. E, come si dice, il gioco si fa duro. Perché tutte le mamme che come me hanno oggi figli ventenni e sono state impegnate a crescere professionalmente e a crescere i propri figli, si ritrovano oggi con un mondo che è cambiato, per sempre.
Come ci ha spiegato Mauro Magatti nella prima lezione del nostro Ateneo, inutile invocare una ripresa. Si è chiuso un ciclo economico e se ne è riaperto un altro. Un passaggio non indolore, perché nel frattempo molte delle ricchezze che i nostri genitori hanno accumulato si sono assottigliate, noi abbiamo meno certezze di quante non ne avessero loro raggiunta questa fase della vita. E forse non abbiamo preparato i nostri figli a vivere nel mondo di oggi. Perché magari nemmeno noi abbiamo capito cosa sta accadendo. Difficile immaginare scenari, certo non è possibile ignorare alcune evidenze. Il mondo del lavoro non potrà più essere quello all’interno del quale siamo cresciuti professionalmente e le tecnologie, oltre ad avere modificato il nostro modo di relazionarci, stanno avendo un impatto potente su come si produce. Non esiste più l’azienda nella quale si sta molti anni, bisogna essere pronti a riconvertirsi, riqualificarsi, ricollocarsi. Siamo pronti? Io dico di no, non in modo adeguato. Non abbastanza da trasmettere certezze e impianti valoriali solidi ai nostri figli. Se siamo in crisi noi, figuriamoci loro… Ho trovato interessanti i commenti al delitto di Ferrara. Avrete letto la cronaca. Il movente del ragazzo, i continui rimproveri per lo scarso rendimento a scuola. I genitori non sono più capaci di imporsi, difficile pronunciare dei no. La scuola – le scuole superiori soprattutto – richiedono costanza, impegno, sacrificio. L’obiettivo è dare un metodo, poi ognuno ne farà quello che vuole. E invece la società sembra dirci che bisogna rincorrere i propri sogni, essere se stessi… I ragazzi sembrano vivere in un reality dove vanno allontanate frustrazioni, ma soprattutto i sacrifici. Per questo lo studio non è un affare del ragazzo ma un impegno collettivo, tutta la famiglia è coinvolta in compiti, prove, esami, tesine. Chiaro che quando qualcosa va storto non è mai colpa dello studente… Gli insegnanti non capiscono, pretendono troppo, fanno richieste incoerenti. Lo svogliato indossa la maglia dell’incompreso e, in casa, la fa sempre franca. Così alla lunga i disagi aumentano. E chi se ne occupa? Sociologi, psicologi e psicanalisti. Come se le radici del disagio fossero da ricercare nella psiche. E gli educatori che ruolo dovrebbero avere? Sarà bene farsi delle domande, perché il mondo del lavoro ha bisogno di persone in grado di prendersi delle responsabilità. Stiamo facendo il nostro dovere come genitori, e come educatori, per garantire alla nostra società persone responsabili? Il dubbio ce l’ho e non riesco tanto a ironizzare su questo. Quando mio figlio più grande prende una multa la somma viene scalata dal suo budget mensile, tanto per dire. Basterà? Non lo so, ma bene stimolare una riflessione sulla formazione che stiamo facendo in casa ai nostri ragazzi. Perché gli effetti della formazione che faranno quando entreranno in azienda – se troveranno un’azienda – e il loro atteggiamento verso il lavoro e la responsabilità dipenderà da quel che stiamo facendo ora. Se qualche anno fa potevamo delegare qualcosa alle nostre baby sitter, oggi, dobbiamo esserci noi. E, possibilmente, cogliere tutti i segnali deboli. La distrazione, in questa fase, potrebbe costare cara. Nel frattempo, lasciarsi stimolare dal programma del nostro Ateneo può essere una buona cosa (http://www.este.it/eventi/este-ateneo-2017.html).