Servono mogli o modelli?
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Ricevo questa mail che mi fa piacere condividere.
“Ci tengo a ringraziarla per la bella opportunità offerta tramite il blog di condividere impressioni e punti di vista che orbitano intorno all’universo professionale femminile. Ora che nella mia libreria -lasciato volutamente in evidenza- troneggia il suo ultimo libro, mi capita sovente di intraprendere appassionate conversazioni ‘di genere’ con le mie caparbie e pasionarie amiche. La mia esperienza non è propriamente quella di una ‘dirigente disperata’ ma piuttosto quella di una ‘trentenne affannata’ che, insieme a un copioso numero di solidali coetanee, ha una gran voglia di mettersi in gioco professionalmente. E se nella nostra vita di coppia non intravediamo ostacoli e non subiamo ricatti volti a inibire la nostra voglia di realizzazione, è spesso all’interno del mondo del lavoro che vediamo riaffiorare atteggiamenti figli di una natura ancora troppo spesso patriarcale o (bene che vada) paternalista. Insomma, quello che mi sento di dire è che per me più di una moglie ci vorrebbero modelli, storie professionali di donne, dirigenti o professioniste appassionate, che raccontandosi diventano faro, riferimento e rappresentanza di quella forma di realizzazione e dignità che scaturisce proprio dal nostro lavoro. Grazie ancora per questo momento di confronto e continui a raccontare storie, ne abbiamo un gran bisogno!”
Laura
Benchè accompagnate dalla conapevolezza che i modelli di rappresentanza femminile all’interno dei vertici organizzativi, prime linee manageriali siano tuttora esigui nel contesto italiano, credo che per noi ragazze (trasversali per generazione) sia fondamentale poter leggere dei percorsi tracciati da altre donne su cui fondare una cultura lavorativa al femminile, una comunità di pratica al femminile. Insomma, quelle forme di solidarietà di genere che spesso hanno supportato una visione del lavoro declinata al maschile non potrebbero praticarsi più spesso anche nel nostro universo femminile?
Chiara Lupi
Nei due libri che ho pubblicato, Dirigenti disperate e Ci vorrebbe una moglie ho voluto fare proprio questo, raccontare storie che potessero ispirarci. Coinvolgendo anche gli uomini, però. Il senso è che, secondo me, bisognerebbe riuscire a superare il concetto di ‘solidarietà di genere’, come lo chiama lei, ed essere capaci di instaurare all’interno delle organizzazioni una sorta di solidarietà che i generi li travalica. Per questo bisognerebbe riuscire a instaurare delle relazioni nelle aziende basate sul rispetto del lavoro degli altri. Molto spesso, purtroppo, non è così. Nel frattempo, conoscere quel che di positivo accade in altri contesti può essere certamente una buona fonte di ispirazione.
Caterina
Vivo, anzi lavoro (ops!), in un mondo quasi totalmente femminile, e pur affannandomi a cercare solidarietà tra le mie pari, raramente la trovo. E’ come essere in un campo minato di detto/non detto, pettegolezzi e sgambetti, silenzi e ripicche. La cosa più inquietante è che i vertici maschili innaffiano con abbondanza questo bel campo, convinti forse che la lotta nel fango sia stimolante e produttiva. Per chi? Sono pronta a mettermi in gioco per imparare questa cultura femminile del lavoro! E’ la nostra tanto “decantata” complessità a renderla, però, così difficile? Gli uomini/animali semplici hanno un vantaggio su di noi?…
Chiara Lupi
Come ha dichiarato Sergio Dompé, che mi ha rilasciato una testimonianza nel libro Ci vorrebbe una moglie, gli uomini hanno una release del software ‘precedente’ rispetto alle donne. Questo il loro vantaggio…