Tutti abbiamo avuto un telefono Nokia. Ora l’azienda è in crisi. Nella cittadina finlandese di Salo ci lavoravano cinquemila persone. Oggi non arrivano a mille ed entro fine anno le porte dell’azienda potrebbero chiudersi per sempre. Un evento che riguarda tutta la comunità, tanto che il Sindaco pare sia stato eletto tempo fa proprio per la sua esperienza nella gestione delle crisi. Gli abitanti sono costretti a inventarsi qualcos’altro da fare. Le donne pare ci stiano riuscendo meglio. Se per molte di loro l’azienda era la ‘seconda famiglia’ ora sono capaci di usare la liquidazione per crearsi una ‘seconda opportunità’. Chi ha dato vita a un frequentatissimo mercato dell’usato – dove sta scritto che dev’essere tutto nuovo? – chi aiuta a restare in forma, chi si inventa una startup. Reinventarsi può rivelarsi un esercizio utile. Voi avete pensato a cosa potreste fare?
Dovremmo ragionare di più sulle parole. E sul loro senso. La crisi che ci ha travolti ha impoverito anche il nostro linguaggio. Non ce n’era bisogno. Ma alla crisi economica corrisponde una drammatica decadenza lessicale. Che raggiunge livelli drammatici nella comunicazione scritta. Gli SMS hanno impoverito la nostra comunicazione: le inoffensive vocali sono sparite, le parole sono violentate da ‘k’ senza senso, la punteggiatura, cosa dire… pleonastica.
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Già, il senso. Ha senso raccontare da dove vengo per capire l’atteggiamento verso la vita, il lavoro, le relazioni. Mio padre, già quarant’anni fa mi ripeteva che i confini non hanno senso, che il mondo è grande, che le opportunità bisogna andarsele a cercare. Mi diceva anche dovevo sempre pormi in una situazione di vantaggio, che dovevo poter essere libera di scegliere. Ma che per farlo avrei dovuto studiare, lavorare tanto. Lui voleva un figlio maschio, mi diceva sempre che se fosse nato un maschio l’avrebbe chiamato Paolo.
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Organizzarsi, liberarsi dai sensi di colpa e imparare a dire ‘no’
Cambiano gli scenari, aumenta la complessità e le organizzazioni si confrontano con nuove sfide. Le aziende devono dimostrare di essere sostenibili nel tempo, avviando percorsi di crescita che consentano di sopravvivere alle tempeste dei mercati. Una sfida anche organizzativa, in cui le donne devono poter giocare il loro ruolo. Scardinando meccanismi di potere che frenano l’innovazione organizzativa. Ma qui riaffiora prepotente il tema della conciliazione. Che si può superare solo considerandolo un problema della famiglia, della coppia, della società. E non solo un problema delle donne. Che troppo spesso, schiacciate dai sensi di colpa, rinunciano alla carriera. Privando il Paese di talenti che potrebbero invece contribuire al suo sviluppo. Dal suo osservatorio privilegiato Marella Caramazza, Direttore Generale Istud, ci racconta le tendenze in atto, le buone pratiche e, perché no, dà a tutte noi qualche consiglio.
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