Quando si parla di conciliazione, work life balance, strumenti che le organizzazioni possono mettere in atto per il benessere dei dipendenti, chissà perché si associano immediatamente tutti questi temi con esigenze che provengono dall’universo femminile.
Come se la popolazione aziendale maschile non avesse una vita oltre la scrivania.
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“Il maschio crolla e non c’è niente da ridere”. Titola così la sua rubrica Maschile/Femminile Marina Terragni sul settimanale Io Donna. “Papa che lascia, capitalismo in bancarotta, finanza tossica… – scrive Marina – uno strazio che è il sintomo acuto del collasso di una civiltà”. Nella costruzione del nostro presente qualcosa deve essere andato storto. Ma una via d’uscita ci sarà se tutti saremo disposti a sperimentare altri modelli, a vedere le cose da altri punti di vista. Molti sono gli spunti che ho ritrovato con la rubrica pubblicata sul numero di gennaio/febbraio di Persone&Conoscenze e che riporto qui.
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Come ha scritto il comico Gene Gnocchi sul settimanale ‘A’, per chi ha creduto nella profezia Maya e nel mese di dicembre ha fatto l’amore senza preservativo, il 2013 potrebbe rivelarsi un anno ancor più difficile rispetto al passato 2012 che, da buon bisestile, non ha tradito le aspettative.
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La vita delle donne manager è durissima. Certamente, lo è più di quella degli uomini nelle stesse posizioni. L’avventura di una carriera al femminile pare spesso una ‘mission impossible’ e, quando arriva il momento di dedicarsi anche a un progetto familiare, molte donne ridimensionano i propri obiettivi professionali, non vedendo una soluzione alle difficoltà organizzative imposte dalle incombenze extra-lavorative. Perché tocca alle donne questa rinuncia? Questione culturale, retaggio di un passato che si trascina pesantemente nel nostro presente e condiziona molte di noi, tra sensi di colpa e mancanza di alternative, che costringono a sacrificare una parte importante della nostra vita. Ma qualche storia a lieto fine la conosciamo e vogliamo raccontarvela, sperando che sia d’ispirazione per tutti coloro che il problema non se lo sono posto, o che lo definiscono ‘superato’.
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