di Valentina Paternoster
Un libro diviso in due – un po’ come la vita delle donne del XXI secolo – che apre tante questioni
Titolo molto accattivante. Ma le donne sono davvero manager disperate?
E’ giusto partire dal titolo. Perché incarna lo spirito con il quale ho voluto affrontare un tema molto serio. Le donne che devono conciliare un percorso professionale o imprenditoriale con gli impegni familiari sono in difficoltà. L’importante però è evitare di piangersi addosso e affrontare i problemi con uno spirito un po’ scanzonato. Del resto questo è uno dei difetti di noi donne…ci prendiamo troppo sul serio, siamo malate di perfezionismo, piene di sensi di colpa. Un po’ di leggerezza non guasta.
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Il difficile equilibrio tra vita privata e vita professionale delle donne, in Italia
Perché in Italia solo il 46% della popolazione femminile lavora stabilmente? Perché le donne che rivestono cariche dirigenziali nelle aziende italiane sono ancora una minoranza? Quali prospettive per la conciliazione famiglia – lavoro nel nostro Paese? Quali gli strumenti, sociali e istituzionali a sostegno delle donne che lavorano?
Su questi e altri temi di grande importanza e attualità si interroga Chiara Lupi, Direttore Editoriale della casa editrice ‘Este’ e Direttore Responsabile della rivista ‘Sistemi & Imprese’ nonché madre di due figli e, da anni, attenta osservatrice delle dinamiche relative a organizzazione aziendale e risorse umane.
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Pari merito. Meglio delle pari opportunità
Non abbandonare le proprie aspirazioni professionali ed evitare le scelte di comodo. Questo il messaggio di Isabella Covili, imprenditrice di successo. In questa intervista ci racconta come è necessario che si faccia strada un diverso approccio nei confronti della famiglia, la cui gestione e cura non deve più ricadere solo ed esclusivamente sulle madri. Le donne si trovano spesso ad accettare posizioni che richiedono un minore impegno, come il part-time, illudendosi di aver compiuto una scelta. Dettata invece da un’organizzazione sociale che avrà necessariamente ripercussioni anche sulla nostra economia. Perché rinunciare alle donne significa rinunciare a risorse di talento.
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