Femminilità, amore per la famiglia e ambizione professionale non sono aspetti incompatibili. Le donne, oggi, sono alla ricerca della propria completezza, aspirano a una gratificazione emancipata dal contesto familiare. Preso atto di questo, conciliare si può, si deve mi vien da dire, se davvero si cerca una realizzazione nella sfera professionale che abbiamo scelto. E parlando di questi temi, si vanno cercando le best practice e anche i best place to work, come si chiamano adesso.
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Sto leggendo il libro dell’elasti-mamma. La mamma elastica. Perché per conciliare famiglia e lavoro bisogna essere fatti di una diversa materia. Elastica, appunto. Poiché, avrete intuito, mi sta a cuore il problema, ho approfittato dell’occasione che il mio meraviglioso mestiere mi consente per domandare a donne che hanno raggiunto la stanza dei bottoni come fanno, quale la loro ricetta per tenere insieme la trama di tutto. Senza tirare troppo i fili. Perché anche gli elastici si rompono.
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Per chi avesse trascorso le vacanze della scorsa estate su un altro pianeta, a Pechino, nel mese di agosto del 2008, si sono disputate le Olimpiadi. L’Italia si è aggiudicata 28 medaglie e, tra gli atleti vincitori di medaglie d’oro, si è distinta la tiratrice di scherma Valentina Vezzali, che ha conquistato il podio nel fioretto individuale. Complimenti a questa pluripremiata atleta: sta dimostrando che conciliare agonismo e maternità, famiglia e carriera, si può. Ma la notizia non è questa.
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Cresce il fenomeno dell’e-recruiting, cioè la ricerca sul web dei candidati. Ma gli head hunter, oltre a cercare il candidato, il professionista, cercano la ‘persona’ che acquista valore anche in base alle relazioni che emergono dal web. Per questo è necessario curare l’online reputation. Siamo quello che siamo e le nostre relazioni fanno parte del ‘valore’ che portiamo con noi. Si parla di lifelong learning, che viaggia in parallelo con il lifelong working, dico io.
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