Aperitivo con amiche. In questo periodo la conversazione per me è facile, tiro fuori il mio libro dalla borsa e il gioco è fatto. Dal ‘Ci vorrebbe una moglie’ a parlar di uomini il passo è breve. Così si finisce per parlar dell’altro sesso. Sempre. Degli uomini che abbiamo, di quelli che vorremmo, di quelli che ci rendono felici. La conversazione si infittisce e una bella ragazza, che dimostra dieci anni meno di quelli che ha, parla del suo fidanzato. Una creatura con la quale ha un feeling intellettuale meraviglioso, con lui vive una sintonia straordinaria. Una specie di eden. “Non avete bambini? – domando io (non riesco a non fare domande, è il mio mestiere e spesso ne abuso) -. “Ma ti pare – risponde lei – ho parlato di un essere meraviglioso con il quale vivo una relazione idilliaca. Non di un compagno disposto a fare la spesa…”.
Un’amica rimane a casa dal lavoro perché le devono consegnare un armadio. Un fatto banale in sé ma che richiede – noi donne lo sappiamo – la massima attenzione. La nostra. Che gli armadi son cose che riguardano l’universo femminile, inutile che ce la raccontiamo. Le mando un messaggio per sapere come va. “Qui l’armadio avanza –
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Giorgio Squinzi, che ho intervistato per la nostra rivista Sviluppo&Organizzazione poco prima che venisse eletto alla presidenza di Confindustria, ha nominato una donna, Marcella Panucci, alla direzione generale. E’ la prima volta che una donna ricopre quel ruolo. Finalmente. A chi dovesse ribattere che l’importante e’ che sia competente, faccio notare che quando viene nominato un uomo nessuno si fa la domanda.
Anche delegare è un’arte. Bisogna avere capacità e personalità per individuare persone a cui affidare compiti di responsabilità. Proprio questo è il dilemma delle donne che devono dividersi tra le fatiche di manager e quelle di moglie, mamma, figlia eccetera.
Chiara Lupi, autrice di Dirigenti Disperate, descrive in prima persona la frenetica attività di quell’universo rosa “costretto” a misurarsi tra famiglia e lavoro e ossessionato dalla mania di perfezionismo o sindrome di Bree, dal nome della protagonista perfezionista di Desperate housewives. «Ci prendiamo tremendamente sul serio scrive la Lupi nell’introduzione ricerchiamo disperatamente la perfezione con il rischio di vivere male sia la dimensione professionale, sia quella privata».
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