Una libellula contro la violenza

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Ci sono argomenti che pensiamo non ci coinvolgeranno mai. Ma la realtà è diversa. E la violenza sulle donne è uno di questi temi.ZetaserviceTutto parte da un’idea di Debora Moretti e Marilù Guglielmini che, colpite da un fatto di cronaca, pensano sia responsabilità della collettività interrogarsi sul fenomeno della violenza. Ma interrogarsi non basta, è necessario fare qualcosa per incidere sulla cultura, per sensibilizzare le persone che stanno accanto a noi. Ecco che il luogo di lavoro, il posto dove passiamo la maggior parte del nostro tempo può diventare il luogo dal quale innescare un cambio culturale. Perché è anche all’interno degli ambienti di lavoro che costruiamo la nostra identità ed è da qui che tutto può cambiare. Per questo Debora e Marilù aggregano un gruppo di 13 aziende (tra cui la nostra casa editrice Este), ai dipendenti viene sottoposto un questionario che comprende interviste con gli amministratori, responsabili Hr e focus group con i dipendenti. Nella giornata di ieri sono stati presentati i primi dati, ricavati dai 2261 questionari raccolti e dalle interviste. Il 94% degli intervistati conosce la violenza dai fatti di cronaca. Il 60% afferma che la violenza sulle donne è dovuta a un raptus. Il 90% è convinto che la violenza sia generata da problemi culturali. Il 73% degli intervistati dichiara di avere conoscenza del problema ma uomini e donne hanno una diversa percezione del fenomeno. relatriciLa realtà ci dice che una donna su 3 nella sua vita ha subito una violenza. E, dato interessante, il 53% crede che quel che avviene nella coppia – luogo dove la violenza si manifesta – debba rimanere privato. Mentre l’amore si sbandiera ai quattro venti, calci, pugni e schiaffi vanno tenuti ben nascosti. Ecco che entra in scena il trucco, il fondotinta che molte di noi si stendono abilmente sul volto prima di varcare la soglia dell’ufficio. (Silvia Bolzoni, CEO Zeta Service con Debora Moretti e Marilù Guglielmini)

L’importante è nascondere, a se stesse e al mondo, il proprio dolore. Il dramma delle vittime è che perdonano, fino a quando il perdono diventa fatale. In 10 anni sono quasi 1800 le donne uccise nel nostro Paese. La violenza è accanto a noi. Per scoprirla ci vogliono però le lenti giuste. E Debora e Marilù hanno lavorato per fornire a tutti noi lenti nuove. Innanzitutto per chiarire che la violenza non è relegata a contesti sociali degradati e che, spesso, il reddito superiore della donna, in una coppia, crea un disagio che sfocia nella violenza. Quindi che si fa? Innanzitutto si riconosce che il problema esiste, lo fanno le aziende ma anche la politica deve fare la sua parte. Per questo sul palco è presente anche il sindaco di Milano Giuseppe Sala, a testimoniare l’impegno di una città che sa unire competitività e solidarietà per affrontare in maniera pragmatica, e con la concretezza che contraddistingue lo spirito ambrosiano, il problema. Mettendo a valore il virtuoso rapporto pubblico-privato. E poi si cerca, ognuno nel proprio ruolo, di fare qualcosa di concreto per educare al rispetto e alla bellezza. Cosa fare in azienda lo spiega Giorgia Ortu La Barbera, Psicologa del lavoro e Coach aziendale, Responsabile della Ricerca, che ha presentato un progetto declinato in 4 step: alfabetizzazione e sensibilizzazione, workshop, next generation, consulenza hr. Un percorso che parte dalla consapevolezza e interviene successivamente sulla popolazione, nelle varie età, per tradursi in una pratica di gestione delle persone nell’organizzazione. Agire sui comportamenti, educare al rispetto, inculcare il senso della bellezza è un lavoro lungo, ma importante è cominciare. E importante è che ognuno faccia la sua parte. Gli imprenditori, soprattutto nelle nostre medie aziende familiari, hanno strumenti che permettono di intervenire direttamente laddove emergano situazioni di disagio. È il caso di Monica Tiozzo, che nell’azienda di famiglia, la Nomination, ha inserito la figura dello psicologo per diminuire i conflitti, sul luogo di lavoro ma anche fuori. E per evidenziare che il conflitto e il disagio, laddove emergono, possono essere affrontati e risolti con il dialogo e la gentilezza. Le aziende hanno una opportunità straordinaria, perché ognuno all’interno può farsi portatore di un messaggio positivo e, soprattutto, si può allenare a individuare il disagio dove c’è. Allenamento è la parola giusta, e lo sa bene Lorenza Branchi, Responsabile Marketing Pallacanestro maschile Crema, che ha convinto i giocatori a portare il simbolo contro la violenza sulle donne sulla loro maglia e a fare interventi nelle scuole. Perché il rispetto, la tolleranza, la sensibilità e accettazione nei confronti di chi è diverso da noi, si devono imparare presto. Sin da piccoli i bambini devono crescere nel rispetto dell’altro e dell’uguaglianza dei generi. E poi ci sono i bambini vittime del femminicidio. Le loro madri non ci sono più, ma noi e le nostre aziende abbiamo il dovere di fare qualcosa per innescare un cambio culturale che può partire solo da noi, da come ci comportiamo ogni giorno, dalla sensibilità che sviluppiamo nei confronti di chi sta seduto alla scrivania accanto alla nostra. Perché il fondotinta copre, ma non abbastanza se ci alleniamo a guardare. 

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