Vacanze? Magari dopo…
Venerdì ore 20,15: sta finendo l’ultima riunione della settimana e forse, riesco ad andare a casa. Mi confronto con la persona con cui ho avuto un interessante scambio, una signora con figli come me, per fissare un incontro successivo. Ma nella settimana che le ho proposto lei forse non ci sarà, perché sta pianificando una vacanza. Come, le chiedo con aria smarrita, non hai problemi a far saltare la scuola ai figli proprio a fine anno, per tradizione periodo di verifiche? E lei, giustamente, ribatte che con tutte le vacanze scolastiche che è costretta a subire durante l’anno, senza che siano minimamente richieste, si sente in diritto di decidere quando far saltare la scuola ai figli. Non fa una grinza. Spiego meglio per chi non avesse figli in età scolare. La scuola decide, del tutto arbitrariamente (quindi se uno ha un figlio alle elementari e uno alle medie il calendario delle vacanze può non coincidere, e questo è il caso di chi scrive) e senza alcuna corrispondenza con le esigenze di chi è calato in un mondo business (quindi tutti noi) i periodi di interruzione dell’attività didattica. E poco importa se al di fuori delle mura scolastiche la vita lavorativa dei genitori prosegue con i suoi normali ritmi. La scuola chiude. Punto. E tutti a casa. Ma tutti chi? Questo è il problema. Veniamo a un esempio pratico. Pensiamo alle consultazioni elettorali. In questa occasione, gli alunni stanno a casa da scuola due, tre giorni. Con grande gioia dei ragazzi e grande sconforto dei genitori. Ma io, e milioni di genitori con me, mi domando non già come mai, a differenza del Brasile, non funzioni il voto elettronico (qui entriamo nella disquisizioni sull’arretratezza del nostro Paese) ma perché votare nelle scuole interrompendo l’attività didattica. Possibile che con tutte le sedi istituzionali sia necessario disturbare proprio i più deboli? Già perché i nostri ragazzi, mediamente più ignoranti dei loro coetanei dell’Unione Europea, di tutto hanno bisogno salvo che di giornate di vacanze extra. E nemmeno le mamme, che si devono organizzare. E poi è ovvio che le donne sono percepite dal mondo del lavoro come soggetti ‘meno affidabili’. Per forza, perché devono farsi carico di incombenze che sarebbero, secondo me, evitabili. Ma torniamo un istante al calendario delle vacanze. Prendiamola Pasqua(correva l’anno 2008), scuola elementare, vacanza dal 20 al 31 marzo (dal giovedì al lunedì della settimana successiva). Scuola media, vacanza dal 20 al 26 marzo. Così uno va a scuola e l’altro a casa. Ma ai fini dell’organizzazione nulla cambia. Andiamo indietro: carnevale, mese di febbraio che, sempre nel 2008, è caduto esattamente dopo 4 settimane dalla pausa natalizia. Scuola elementare, una settimana di vacanza. Per agevolare i genitori, che così possono fare la settimana bianca. E io mi chiedo: chi mai può permettersi di stare a casa una settimana a febbraio se già si è dovuto organizzare per il Natale? Ma guardiamo al futuro. Se riusciamo a sopravvivere ai ponti del 25 aprile, 1° maggio e 2 giugno è fatta. La scuola il 6 giugno chiude e tanti saluti. Ci si vede a settembre. Ma è chiaro a tutti che la maggior parte delle famiglie non sa dove piazzare i ragazzini in estate e che le vacanze di noi genitori sono sempre più corte? Che tre settimane consecutive di vacanza sono ormai un lusso? (che oltretutto per noi sono tutte concentrate nello stesso periodo, che a noi italiani piace stare appiccicati come sardine, ovunque). E allora, già che i nostri ragazzi sono mediamente ignoranti (nessun italiano nel 2008 è stato ammesso al Mit di Boston, è la prima volta che accade e la cosa non lascia presagire nulla di buono), già che le famiglie numerose stanno scomparendo, perché non pianificare un calendario scolastico più vicino alle esigenze delle mamme? Si parla di diversità, non solo di diversità di genere, ovviamente. Ma il tema è pertinente, poiché purtroppo oggi i carichi familiari pesano ancora in maniera preponderante sulle donne ed è questo a renderle diverse, perché più impegnate e quindi percepite come meno affidabili. Si parla di politiche a sostegno della famiglia, ma se ne parla, senza fare nulla. Anche se le donne, proprio perché portatrici delle loro diversità, sono considerate risorse strategiche per la crescita delle imprese. E quindi del sistema paese nel suo complesso. Un appello quindi al ministro dell’istruzione: avviciniamo i calendari delle nostre scuole a quelli dei ragazzini d’oltralpe. Che fanno meno vacanze, meglio suddivise durante l’anno. E magari senza compiti. Ma di questo ne parleremo un’altra volta.